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Attitudine riottosa
www.rockgarage.it, 4 gennaio 2021Attitudine riottosa
Copia e incolla random? No, piuttosto un taglia e incolla, certosino, con il computer, creando una sorta di punkzine (“questo volume non è una fanzine, ma è debitore di quell’attitudine”, si legge nell’introduzione). Un’opera da toccare con mano, sfogliandola con cura. È quanto ha realizzato, come un sarto con spille da punk dei giorni nostri, lo storico e ricercatore indipendente Giulio D’Errico, capace di raccogliere, all’interno di un interessante volume, una serie di voci differenti, vicende, narrazioni, ricordi, documenti e saggi che narrano (e, soprattutto, sviscerano) l’anarcopunk degli eighties nel Regno Unito (nota a margine: i Crass, collettivo anarchico e gruppo punk rock formatosi nell’Essex in Inghilterra nel 1977, sono ritenuti i fondatori del movimento e dello slogan “DIY”, ovvero “Do It Yourself”). Tutto questo – e molto altro – è custodito nel volume Attitudine riottosa (sottotitolo: anarcopunk in UK), dove D’Errico è partito da un assunto più che condivisibile (“L’anarcopunk è un’attitudine, un modo di agire politico dal basso che influenza ancora oggi gli attivisti di tutto il mondo”) per poi sviluppare una fondante considerazione: forte di un variegato e curioso microcosmo di esperienze individuali e collettive, squatting, live e manifestazioni, eccesso di alcol e droghe, festival e viaggi, l’anarcopunk (che non è fatto della stessa materia dei sogni, bensì è strutturato su energia, determinazione, contraddizioni) è stato in grado di ripensare, in concreto, l’approccio alla lotta militante.
Di fatto, come riporta la quarta di copertina: “una nuova educazione sentimentale alla politica in un decennio che ha visto la sconfitta dei movimenti sociali e il sorgere di un regime neoliberista globalizzato”. Precisazione quanto mai doverosa: Attitudine riottosa (Agenzia X, 228 pagine, illustrato, 16 euro) – che si sviluppa lungo una serie di capitoli assai descrittivi, partendo da titoli più che mai evocativi – non è un “semplice” saggio su questa “ideologia e sottogenere del movimento punk rock caratterizzato dall’adesione all’ideologia anarchica e in particolare all’anarco-pacifismo”, tratteggia Wikipedia. D’Errico – che scrive per il bollettino sulle migrazioni in Europa “Are You Syrious?” e per “A-Rivista Anarchica” – dà la certezza di conoscere molto bene ciò di cui scrive; lui stesso, nell’introduzione, spiega di aver vissuto, tra il 2013 e il 2017, nel Galles occidentale, dove si è imbattuto nel volume Tales From The Punkside (a cura di Mike Dines e Gregory Bull), una pubblicazione di racconti e riflessioni sulla scena anarcopunk dei primi anni ottanta che, in qualche modo, ha fatto scoccare la scintilla. Ed ecco che, pagina dopo pagina, si attraversano – anche solo con la mente, ma di questi tempi dove non si può viaggiare è tutt’altro che poco – città come Londra, ma anche Belfast e Bristol, i centri industriali dell’Inghilterra del nord nonché la brughiera del sud-ovest.
Parole ben impresse, nero su bianco (come le immagini che le accompagnano), abili nel far emergere una scena prorompente, mai statica, all’incessante ricerca del confronto con una realtà che spinge a distruggere qualsivoglia assioma di purezza/separatezza punk. Basti rammentare “gli scontri con i naziskin che assaltavano i concerti, il contatto con gruppi anarchici tradizionali, le cinquantuno settimane di sciopero dei minatori e le cinquantasei degli stampatori, la repressione poliziesca, i tagli dello stato sociale, la diffusione dell’eroina”, scrive l’autore (che vive ad Atene e collabora con differenti progetti al margine tra attivismo e volontariato). Così i dodici capitoli di Attitudine Riottosa (ben descritti da D’Errico nella sezione “Mappare l’anarcopunk”), ciascuno scritto e approfondito da chi ha vissuto la scena personalmente – dai già citati Dines e Bull a Chris Low, da Rich Cross ad Alistair Livingstone, da Justine Butler a Peter Webb, con D’Errico a fare da prezioso raccordo – offrono al lettore, per la prima volta, argomenti soventi ignorati. Qualche esempio? Dal ruolo del punk nell’abbattimento delle scissioni confessionali dell’Irlanda del Nord all’apporto del femminismo, dall’incidenza delle “zine” nella formazione intellettuale dei giovani punk alle manifestazioni londinesi (1983/1984) di “Stop the City”.
Scrive D’Errico: “La narrazione dell’anarcopunk britannico è troppo spesso stata incentrata su Londra, sui Crass e focalizzata sulla musica. I testi qui selezionati cercano di superare questi assi tematici e far emergere la varietà dell’esperienza anarcopunk”. Se il primo punk indicò il capolinea dello storico movimento politico degli anni settanta, l’anarcopunk fu in grado di raccoglierne l’eredità, svecchiandone contenuti e forme. Questo libro lo testimonia.
Massimo Canorro
Rumore, dicembre 2020Giulio D’Errico. Attitudine riottosa
Non è affatto semplice inquadrare un fenomeno sovente banalizzato e trattato in maniera semplicistica come l’anarcopunk inglese della prima metà degli anni 80. Il giovane ricercatore D’Errico ci è riuscito, lasciando la parola a chi quel movimento lo ha animato in diverse forme. L’interessante tomo di quasi 300 pagine è costituito da 13 saggi di altrettanti autori, più l’esaustiva introduzione del curatore e la prefazione dell’accademico, musicista ed editore punk Mike Dines che aveva già pubblicato in Inghilterra buona parte degli scritti qui presenti. Gustosi ricordi di prima mano, analisi storiche e saggi filoaccademici ci aiutano a comprendere meglio quell’incredibile milieu che, nelle sue contraddizioni, per un quinquennio ha portato avanti le istanze dell’anarchismo, del pacifismo, del libertarismo, dell’anticapitalismo, dello squatterismo, del femminismo e dei diritti degli animali. Al centro ci sono ovviamente i Crass, come ci mostrano i badge in copertina, i Conflict che con la loro Meat Means Murder anticipavano di due anni gli Smiths, il Centro Iberico di Londra, le (Fan) Zine di fondamentale importanza per il consolidamento dell’ideologia anarcopunk con i suoi intellettuali organici di gramsciana memoria. Ma anche l’autodistruzione e il nichilismo come deriva estrema dell’individualismo, soprattutto nella scena irregolare di Bristol da cui arrivavano gli esoterici Amebix; l’uso e l’abuso della A cerchiata (da leggere il brillante intervento del grafico e scrittore Russ Bestley). Politiche di movimento, pratiche culturali e prassi e(ste)tiche di una generazione contro che è vissuta nell’ombra della minaccia nucleare: il voto a una pubblicazione del genere non può che essere 79, come l’anno dell’elezione della Thatcher che diede la stura alla nascita dell'anarcopunk.
Voto: 79/100
Di Manuel Graziani
www.loudd.it, 5 ottobre 2020Giulio D’Errico. Attitudine riottosa
Curiosità, passione, determinazione e taglia-incolla. Questa la ricetta per una buona fanzine, ma a quanto pare anche per un buon libro, perché Attitudine riottosa. Anarcopunk in UK lo è decisamente. Tanto che arrivati alla fine si ha due scelte: ricominciarlo o mettersi alla ricerca di altre fonti sul tema. Io ho optato per entrambe.

«Questo volume non è una fanzine, ma è debitore di quell’attitudine. Una collezione di voci, talvolta dissonanti, di persone che hanno vissuto in prima persona la scena anarcopunk britannica dei primi anni ottanta. Voci che fanno trasparire l’energia, la determinazione, le contraddizioni di quel movimento che, pur con grossi limiti, ha influenzato la politica dal basso ben oltre i propri confini, il cui riverbero è chiaramente visibile ancora oggi».

Giulio D’Errico, autore e curatore del testo, sceglie queste parole per sintetizzare il senso e il contenuto di questo volume e, dopo averlo letto e riletto, bisogna ammettere che la sintesi non potrebbe essere migliore.
Quello che ci si trova tra le mani è una raccolta di saggi, composta con lo spirito delle fanzine punk, mentre quello che ci si ritrova a vivere, una volta iniziata la lettura, è un viaggio. Un viaggio negli anni Ottanta del Regno Unito, tra Londra, Belfast e Bristol, i centri industriali del nord dell’Inghilterra e la brughiera del sud, denso di politica, musica, droghe, alcol, manifestazioni, concerti, squat e lotta militante, sociologia di un’epoca e raccolta di esperienze personali. Un viaggio di quelli fatti con compagni bizzarri, che iniziano a parlare con te senza che tu ne sappia bene il motivo, ma che dopo il primo aneddoto vorresti come amici e non li lasceresti più andare.
Dodici capitoli, dodici racconti, dodici esperienze personali, dodici approcci, dodici punti di vista.
Se pensate che l’anarcopunk sia stato solo un movimento fatto da un branco di ragazzini drogati con qualche balzana idea in testa, vogliosi solo di una vaga e violenta rivoluzione, avete l’occasione di rimettere i pensieri nella giusta prospettiva e tarare meglio il bersaglio, perché ciò che si è nascosto per almeno un decennio nella periferia di Londra e nei sobborghi di moltissime delle città inglesi non è stato affatto solo questo.
Musicisti, scrittori, organizzatori, appassionati, artisti, occupanti di case e spazi sociali, attivisti di gruppi antimilitaristi e femministi, vegani, animalisti e sindacalisti. Questi alcuni dei profili dei ragazzi che hanno popolato la scena anarcopunk inglese negli anni Ottanta. Giovani, studenti e lavoratori, interessati e toccati dalla politica tanto da ribellarsi contro ciò che ritenevano ingiusto e da proporre un’alternativa, quasi sempre non violenta, ad un ordine costituito che non proteggeva più gli interessi né loro né degli operai, dei disoccupati, delle minoranze e degli emarginati.
Giulio D’Errico, storico e ricercatore indipendente, dopo aver vissuto e studiato in Galles per diversi anni, ricostruisce un sintetico e chiaro quadro storico, sociale e politico di un’epoca – fatta di tatcherismo imperante, sconfitta dei movimenti sociali sessantottini e nascita di regimi violentemente neoliberali e repressivi, sotto un cielo che preannunciava la possibilità di una conclusione atomica da lì a pochi anni – attraverso la lente del punk. Non il punk dei Sex Pistols e dei finti ribelli da copertina, ma il punk dei Crass e di tutta quella scena che ha fornito ai giovani «una nuova educazione sentimentale alla politica», che ha letto senza orpelli le inquietudini dei giovani britannici e le ha veicolate verso scelte di impegno individuale radicali.
Il rifiuto di una politica così come era definita dalla classe politica stessa, la scelta di un messaggio pacifista e di liberazione individuale, spesso femminista e legato ai temi del veganesimo, la volontà di rimboccarsi le maniche e creare degli spazi condivisi e di espressione (i primi spazi sociali di Londra), oltre che di lottare concretamente contro ciò che non funzionava (gli scontri contro la Poll Tax, le incredibili manifestazioni di Stop The City), anche se ciò voleva dire rischiare di venire picchiati selvaggiamente dai naziskin ai concerti o dalla polizia alle manifestazioni, di essere messi in cella perché si era protestato in piazza per una giusta causa, o di essere cacciati di casa dai genitori, per chi aveva famiglie più conservatrici.
Questo perché considerarsi anarchici non voleva dire disinteressarsi di politica, anzi. Il rifiuto era verso l’apparato istituzionale, gli organi dirigenti e le casacche di mille colori, verso chi aveva svuotato la politica del suo vero significato di amministrazione della cosa pubblica e della società, nell’interesse di chi in quella società ci vive e del bene comune. La controcultura anarcopunk lottava per quella reale accezione sottesa al termine “politica”, e lo faceva tra concerti, musica, testi, fanzine e spazi occupati, basandosi su una cultura do it yourself, aggregando persone e idee e dando loro una casa, spesso metaforica, talvolta anche reale. Certo, non sono mancate le storie di droga, le giovani morti e i delusi. C’è chi è rimasto punk o anarcopunk per qualche anno, chi lo è ancora dopo una vita intera. Chi si è avvicinato per la musica e ha guadagnato una consapevolezza sociale e politica che lo avrebbero accompagnato per sempre, o chi seguiva il messaggio e andava ai concerti solo perché facevano parte del pacchetto.
Quello che è certo è che chi a quei folli anni è sopravvissuto li porta ancora nel cuore, e chi si è avvicinato, presto o tardi, a quel mondo, ne è stato segnato irrimediabilmente. Sono quel genere di incontri da cui non si esce indifferenti e in cui si capisce che tipo di persone si è o si vuole diventare.
Ogni movimento è figlio dei suoi contesti, della sua epoca e del suo ambiente, è inevitabile. Attitudine riottosa. Anarcopunk in UK lo sottolinea chiaramente, ma evidenzia anche come ogni movimento, se sufficientemente denso di contenuto e di giusti valori, non può mai morire. Può restare celato dalle storie ufficiali, può rimanere solo nel cuore di chi l’ha vissuto o di chi sceglie di portarlo avanti a suo modo, ma può anche essere di ispirazione, facendo nascere, in altre epoche e in altri contesti, le stesse esperienze e la stessa lotta per ottenere nuove possibilità ed orizzonti. Altri movimenti, infatti, sono nati in Russia, in Sud e Centro America, in Asia, Africa e Polonia, sulla scia dei movimenti anarcopunk inglesi. Spesso non sono raccontati o sono poco mappati, ma sono esistiti ed esistono tuttora.
Come possiamo saperlo? Beh, fortunatamente, alcuni testimoni ed eredi di quel movimento anarcopunk ci sono ancora, hanno creato fanzine, case editrici o sono professori o ricercatori in università. Alcuni di questi hanno anche creato la Punk Scholars Network (PSN), «un’organizzazione che attraverso conferenze, simposi, pubblicazioni, presentazioni ed esibizioni, fornisce una struttura accademica allo studio del punk», che è cresciuta tanto da avere affiliati in America, Australia, Asia, Indonesia e non solo, avendo così modo di raccogliere anche altre storie e punti di vista legati al punk.
Se siete curiosi fatevi una ricerca online, ma sappiate che tutto ciò che troverete è in lingua inglese. Se volete iniziare con qualcosa in italiano, però, iniziate da questo libro, perché Giulio, l’Agenzia X e il Centro studi sulle controculture di Moicana sono gli unici che l’hanno fatto, e con risultati eccellenti.
Fatevi affascinare dai capitoli di Attitudine riottosa. Anarcopunk in UK e dal mondo che vi svela e poi sappiatemi dire se anche voi, arrivati alla fine, non siete riusciti a riporlo in libreria e avete finito per tenerlo a portata di mano sul comodino. In tempi oscuri come questi è un toccasana per gli animi ribelli, vi ricorda chi siete, perché lo fate e che non siete i soli.
di Laura Floreani
Classic Rock, settembre 2020Attitudine riottosa
A cavallo tra gli anni 70 e 80, una serie di band inglesi guidate dall’esperianze dei Crass sconvolsero il mondi punk estremizzando politicamente e ideologicamente il provocatorio concetto dell’Anarchy in the UK dei Sex Pistols. “La prima ondata punk (Pistols, Clash, ecc.) fu poco più di un’estensione del business della musica, ma quello che seguì fu un movimento radicale e trasformativo, che cambiò la vita a molte persone e produsse effetti duraturi sulla cultura mainstream”, dice Jeremy Allen in Punk Was Rubbish and Changed Nothing. L’esperienza del collettivo inglese e della sua etichetta Crass Records diede voce a un sottobosco che fece dell’autoproduzione, della radicalizzazione, dell’antagonismo, la sua bandiera (quella dell’anarchia). In questo libro troviamo uno sguardo approfondito sul periodo anarco-punk inglese, dall’esplosione dei Crass al progressivo disfacimento di quella scena, musicale ma soprattutto politica, con le testimonianze dirette dei protagonisti di quegli anni.
di Antonio Bacciocchi
tonyface.blogspot.com, 20 luglio 2020Giulio D'Errico. Attitudine riottosa
«Certamente la prima ondata (Pistols, Clash etc) fu poco più di un'estensione del business della musica, ma quello che seguì (guidato, credo, dai Crass) fu un movimento radicale e trasformativo, che cambiò la vita a molte persone e produsse effetti duraturi sulla cultura mainstream.»
(Jeremy Allen da “Punk was rubbish and changed nothing”)

Uno sguardo molto approfondito e interessante sul periodo anarcopunk inglese, dall'esplosione dei CRASS e tutto il loro seguito, al progressivo disfacimento di quella scena, musicale ma soprattutto socio politica.
A parlarne, in dodici capitoli, altrettanti protagonisti di quegli anni.
Che ci dicono di quanto vissuto, dalle manifestazioni “Stop the City” (in cui centinaia di anarchici, punk e affini, bloccarono gli affari della City “invadendola”, alla deriva tossica di scene pur determinanti come quella di Bristol (Disorder, CHaos UK, Amebix), la situazione, unica, in Irlanda del Nord, l'espressione politica femminista, animalista, pacifista, con tutti i suoi distinguo più profondi e reconditi.
Uno spaccato che aiuta a capire una realtà spesso sfuggita alla comprensione immediata.

«In tutta onestà non sapevo cosa fosse l'anarchismo fino al primo anno dei Crass. Avevamo uno striscione con il simbolo della pace per dire alla gente che non eravamo interessati a fare a botte e abbiamo disegnato la A cerchiata come un qualcosa da mettere alle nostre spalle, sia a destra che a sinistra. Fu allora che incominciarono a chiederci cosa significasse. Realizzai allora che al di fuori della mia personale impostazione libertaria non avevo idea di cosa cazzo significasse. Cominciai così a informarmi su quale fosse la vera storia. Non mi interessava molto allora e non mi interessa molto adesso.»
Penny Rimbaud (Crass)
tonyface
thehippiesnowwearblack.org.uk, 28 giugno 2020Attitudine Riottosa – New UK Anarcho-Punk Collection published in Italy
An edited collection of writings on the first wave of British anarcho-punk originally written in English has been translated into Italian and will be published on 2 July by AgenziaX
Attitudine Riottosa: Anarcopunk in UK (which translates as Riotous Attitude: Anarcho-punk in the UK) is a compilation of articles and chapters by a number of different authors addressing varied elements of the history, culture and practice of the first wave of British anarcho-punk.
The book includes writings by Russ Bestley, Greg Bull, Justine Butler, Rich Cross, Mike Dines, The Free Association, Alastair ‘Gords’ Gordon, Matt Grimes, Alistair Livingstone, Chris Low, Willie Rissy, Francis Stewart and Peter Webb, which were previously included in:

Tales From the Punkside, edited by Mike Dines & Greg Bull (Itchy Monkey Press, 2014)
Not Just Bits of Paper, edited by Greg Bull & Mickey Penguin (Perdam Babylonis Nomen Publications / Situation Press, 2015)
Some of Us Scream, Some of Us Shout, edited by Greg Bull & Mike Dines (Itchy Monkey Press, 2016)
The Aesthetic of our Anger, edited by Mike Dines & Matthew Worley (Autonomedia, 2014)

Edited by Giulio D’Errico, Attitudine Riottosa will be published as both a print and electronic book and is available to order online direct from the publisher’s website. A PDF of the Introduction to the book is available as a free-to-download sample. A full list of the writings included can be found on the Contents page.

«Anarcho-punk is an attitude, a political way of acting from below that still influences activists around the world today. Cut and paste. With scissors or with the computer. This book is a kind of punkzine: a set of dissonant voices, stories, memories, documents and essays that tell and analyze the story of anarcho-punk across the 1980s in the United Kingdom.
Through a varied microcosm of personal and collective experiences (squatting, concerts and events, alcohol and drug abuse, travel and festivals), anarcho-punk has managed to reinvent the approach to militant struggle, a new “sentimental education” in politics in a decade that saw the defeat of social movements and the rise of a globalized neoliberal regime.
This development unfolded in London, but also Belfast and Bristol, the industrial centers of the north of England and the moorland of the south west. The twelve chapters of this volume, each written by those who experienced the scene first-hand, present for the first time themes often overlooked such as: the role of punk in breaking down social, political and religious divisions in Northern Ireland; the importance of zines in intellectual training of young punks; the Stop the City demonstrations in London in 1983-84; the punks’ interactions with the striking miners; the contribution of feminism and animal liberation theory – and also the less productive political dead ends from which not everyone has managed to escape.
Giulio D’Errico is a historian and an independent researcher, he obtained his doctorate in Wales and deals with social movements and migratory flows. He lives in Athens and collaborates with various projects on the margin between activism and volunteering. He writes for the bulletin on migration in Europe “Are You Syrious?” and for “A-Anarchist Magazine”


Editor Giulio D’Errico spoke to “The Hippies Now Wear Black” about the project.

What’s the story behind this book project? What did you want to achieve?
GDE: The idea of the book started during the research for my Phd in Aberystwyth, Wales. I was working on a comparison between Italian andBritish squatting movement from the seventies onwards.
Along with many stark differences, I was struck by the similar role that punk – and anarcho-punk especially – played at the beginning of the eighties in cities like London and Milan, providing a sort of ‘sentimental education’ in radical politics for a generation for whom the rallying cries of the seventies were no longer working.
I discovered the books like the Tales from the Punkside series and The Aesthetic of our Anger there, and as soon as I had time, I started to work on a plan for a collection which could make sense for an Italian readership, both young and less young, a book able to map the differences within British anarcho-punk, beyond London and also beyond Crass.
It’s been a way to escape the rigid framework of academia, and to propose a different way of history-telling from below.
«The real difficulty was deciding what not to include. The first content list I drafted included 25 to 30 chapters.»

Can you unpack that phrase ‘sentimental education’ a bit more? I’m wondering if you mean ‘moral’, ‘philosophical’, ‘political’ – or something else?
GDE: By ‘sentimental education’ I mean a channel or path of political and pre-political growth. I believe punk and anarcho-punk played a big role in helping a generation to ‘read’ and understand radical politics through the eyes of personal experience – feelings – more than through ideology.

How did you go about selecting the articles that you wanted to republish? Was it difficult to finalise a list?
GDE: The real difficulty was deciding what not to include. The first content list I drafted included 25 to 30 chapters. It’s been a real pain to exclude some of them, and I hope to be able to include them in some other future publications.
I worked with the idea that the book should appeal to both those who have lived through the Italian anarcho-punk scenes and know about the British ones, and those who know nothing about it.
For this reason, and with the invaluable help of Mike Dines and Russ Bestley, I selected the backbone of the book mostly from Tales from the Punkside and The Aesthetic of our Anger, which provide more extensive background, and used chapters from Some of us Scream, Some of us Shout and Not Just Bits of Paper as companion pieces.
«When I contacted the folks at AgenziaX, I knew it would appeal to their enthusiasm for radical history»

Translation services can be expensive and time-consuming. What methods did you use?
GDE: Lucky me, then! To survive my Phd I started working as freelance translator, and discovered I really like it. So I took on the translation work for the book.
It has been extremely time-consuming, especially because I’ve been working on it in my free time, between jobs, personal ups-and-downs, moving from the UK to Greece and other things.
I committed to this project from the very beginning, and have never thought about it as a ‘money making scheme’. When I contacted the folks at AgenziaX, the independent Milanese publisher of the book, I knew it would appeal to their enthusiasm for radical history. But I was not sure it would ever come to anything. I’m so glad it did – and for this I wish to thank Paoletta “Nevrosi” Mezza, Marco Philopat and Nicola Del Corno for their support.

How much material in Italian has been written about this subject before now?
GDE: In book format, on anarcho-punk itself, not much. Ian Glasper’s The Day the Country Died was translated for an Italian edition as well as George Berger’s The Story of Crass, which was published in Italy by AgenziaX’s ‘older sister’ Shake edizioni, a publisher which was funded by activists involved in the eighties’ anarcho-punk and ‘dark’ scenes, and later the cyberpunk scene.
«We are planning some outdoor events in Milan, Rome, and other cities to promote the publication of the book.»

They have translated other books that touch upon anarchist punk, as George McKay’s Senseless Acts of Beauty and Stewart Home’s Assault on Culture. Some other things were published about Crass, and very recently another historian published a book about music and politics in Italy and UK.
Some pretty interesting stuff was published in Italian zines in the eighties – written at the time when these things were happening. The first anarcho squat here in Milan – named ‘Virus’ – hosted a concert of Disorder, from Bristol. Travelling from Leeds, Chumbawamba played in a squat in Rome. These kind of connections, and bands visiting different places while on tour, meant that quite a lot of information was shared between activists from the two countries.

Will the print version of the book reach the shelves of Italian bookshops and libraries? How are you planning to distribute the print and electronic versions?
GDE: The original plan was to publish the book in April of this year. But because of the Covid-19 lockdown measures, and how the bad the situation was in and around Milan, we decided to postpone. Now things are starting to reopen.
The book will reach some bookshops and libraries in the north and it’s available both in print and ebook version on the publisher’s website. In the last months, with the forced closure of bookshops, online sales have picked up.
Physical gatherings, such as face-to-face meetings, are still a problem though, at least indoor ones. We are planning some outdoor events in Milan, Rome, and other cities in the next weeks to promote the publication of the book.
«This book series tries to refocus the attention on countercultures bringing together activists, witnesses, researchers and fans.»

Who do you hope the book will reach?
GDE: I hope this book will reach both those who lived through the eighties here in Italy and will able to find something that reverberates with their own experience, and a younger audience, of my generation – I was born in 1984 – or the youth of today.
I appreciate the connection that some academics in the UK have made with their ‘punkside’, stimulating networks and research, but at the same time preserving the ‘anarcho’ side of it from being devoured by the academia, participating and fostering non-academic publication, and allowing for other voices to emerge. It’s not always like this.
And in Italy this is something that is missing. That’s one of the reasons for the book being published with AgenziaX, and especially within the series Moicana: Università della strada*, which tries to refocus the attention on countercultural practices, bringing together activists, witnesses, researchers and fans. [* Approximate translation – “Mohawk: The university of the streets”]

Do you see any reflection of the first wave of British anarcho-punk in the present day Italian punk and countercultural scenes?
GDE: That’s difficult to say. As the Free Association have pointed out, contercultures that we have seen in the past decades were linked to material conditions that today may be quite different.
Punk in Italy was never the mass phenomenon that was in the UK, and the innovations of anarcho-punk have continued to echo through the radical movements of the following decades, especially in respect of the ‘social centres’ movement, which still survives to this day.

Has the story of Italian anarcho-punk been written? Is that the next project?
GDE: Definitely not all of it, but some has. The memory of eighties’ Italy – especially in radical circles – has too long found itself squashed between the ‘heroic’ and ‘tragic’ seventies and the revival of the nineties, that saw new mass movements emerge.
It’s become a period historians have neglected. Hopefully that won’t be the case in the future. Maybe it’s time to translate material from that period into English…
di Rich Cross

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