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Blitzkrieg tweet
http://danielebarbieri.wordpress.com, 18 novembre 2013 Il flusso, il recentismo e la tecnologia-dito
Una recensione (quasi apolegetica) a Blitzkrieg tweet ovvero Come farsi esplodere in rete di Francesco De Collibus
Davvero «non c’è mai stato un momento migliore di questo per essere umani»? Così scrive Don Tapscott e Francesco M. De Collibus pone la frase in apertura di uno dei capitoli del suo prezioso Blitzkrieg tweet. Come farsi esplodere in rete – pubblicato da Agenzia X (136 pagine per 12 euri).
È una delle frasi che mi ha più intrigato in un libro tanto complesso (almeno per me, che sono un tirannosauro tecnologico) quanto affascinante. Ho meditato a lungo anche su un altro passaggio del libro. A proposito del «recentismo, ovvero l’assenza di prospettive» l’autore scrive che «immersi dentro il flusso travolgente delle informazioni […] ci dimentichiamo del passato e siamo troppo presi dal presente per preoccuparci del futuro»; aggiungendo subito dopo: «Esiste solo il presente».
Un terzo passaggio-chiave del ragionare di De Collibus è nella sintesi: «la tecnologia è il dito, le persone sono la Luna» (parafrasando la nota frase cinese sugli imbecilli) che proprio in chiusura del libro ci parla di «un futuro in perpetual beta».
Chiarisco subito che De Collibus – ricco di conoscenze scientifiche non meno che umanistiche – è un intelligente provocatore, infatti il suo libro si chiude con un «prologo» e inizia con un «epilogo». Ma c’è un perché.
Prima di provare a riassumere alcune tesi del libro devo una spiegazione a chi non mi conosce (e una risata a chi mi frequenta). Che ne so io di «perpetual beta», espressione che ho citato poco fa? Fatico a capire cosa si intende per «protocollo RSS» e «social bookmarking», tanto per riprendere due espressioni citate nella prima pagina. Non sapendo l’inglese ed essendo appunto un “tecnosauro” ogni volta che leggo «hashtag», «cloud» o «meme» devo concentrarmi per capire il senso. Di più: non sono su Facebook e/o Twitter. E se mi dicono «usa il cancelletto» inizialmente penso all’ingresso di dietro.
Insomma che cappero c’entro io con questo libro? Il quale, in quarta di copertina, dichiara che darà consigli su «come far esplodere le vostre potenziali bombe mediatiche nel web» e per «assemblare le micidiali armi di informazione DIY» (Diy?) e – citando Aaron Swartz – spiega che «dobbiamo lottare per la Guerrilla Open Access».
Beh, c’entro perché sono stato (e forse sono) un giornalista ma anche perché sono un pessottomista “voglioso” di futuro, ribelle spero fino all’ultimo e… amantissimo di fantascienza (soprattutto il martedì).
Ecco allora qualche considerazione su un libro che però sarà letto in modo ben diverso da chi in rete “ci vive” e usa tutte le nuove tecnologie in modo consapevole (e non alla stregua di una vecchia Olivetti 22, come spesso faccio io).
Il capitolo «come vincere le battaglie» parte da Gutenberg ma arriva subito ai giorni nostri per parlare della successiva rivoluzione dell’«immediatamente» ovvero di un tempo nel quale, almeno nella Rete, «è ormai impossibile distinguere la narrazione dai fatti che la riguardano». Sbagliato dunque – sostiene De Collibus – difendere «la linea Maginot della comunicazione». E l’esempio della inesistente moschea di via Puppa e della figuraccia di “Mestizia” Moratti è davvero chiarificante. Poi, per introdurre twitter, De Collibus cita un ben triste primato italiano: l’aviatore Giulio Gavotti (se n’è parlato da poco qui in blog). Spiegando che l’ordigno esplosivo singolo e il bombardamento a tappeto in Rete hanno i loro equivalenti; soprattutto De Collibus analizza la grande differenza tra «i mulinelli nel deserto del Nevada» e «il fuoco tra i cieli di Amburgo» ovvero un «firestorm» (del quale – lo confesso – ignoravo l’esistenza).
A seguire molti consigli pratici per chi twitta o è su Fb (ma anche per chi ha un blog) per passare poi alla strategia, alle ragioni di Aristotele e della buona fantascienza, alle “previsioni” e alla constatazione che «nessuno riesce a immaginare il futuro, ognuno proietta in lontananza ciò che ha visto, lasciando inalterata la propria struttura sociale e mentale». Io avrei scritto «quasi nessuno» ma insomma… siamo lì.
Dopo aver citato Elisabetta Gregoracci (di lei ignoro tutto), Wu Ming e Carmilla-online, ecco una delle frasi-sintesi che destano in me una sconfinata ammirazione per De Collibus: «ogni individuo appare fortunatamente più pazzo di quanto gli uffici marketing abbiano mai sospettato».
Da qui si scende in allegria con storie esemplari: la morte «mediatica» del signor P2-1816 (noto ai più come Silvio Berlusconi); lo sputtanamento di Daniele Luttazzi e del collettivo Macao di Milano; la falsa-vera-verosimile blogger siriana Amina; l’aritmetica di Jekill più Hyde e di Jekill meno Hyde; perfino le foto di De Collibus in giacca e cravatta oppure abbigliato (abbagliato?) come Gheddafi; e più avanti le santificazioni “immediate” della rete da Marco Simoncelli a Sarah Scazzi.
Altra magia. Oscillando fra Matrix (film), la rivoluzione russa e la rete arriva una sintesi decollibusiana perfetta: «Appurato che possiamo avere accesso rapido a tutte le risposte esistenti, dovremmo quindi sforzarci di fare domande più intelligenti». Ne deriva che fra le coordinate essenziali c’è la «scarsa ventilazione degli intelletti» e «il contatto con esseri umani che non abbiamo scelto di frequentare» e che «tiene le idee fresche» anche perché «solo chi non la pensa come voi ha la possibilità di insegnarvi qualcosa».
Restano tanti nodi irrisolti. Per esempio quando De Collibus in rete comincia a prendere per il culo Mario Monti ed è subito diluvio ci sono almeno due questioni da esaminare: «ho fatto piovere io o sarebbe piovuto comunque?» è quella che lui stesso pone; l’altra è «vale la pena o è solo un gioco effimero?». Però la possibilità di far “esplodere” la rete ci può insegnare a guardare avanti: insomma «dobbiamo alzare lo sguardo e tentare mosse audaci che non solo prevedano ma influenzino il futuro».
E’ consapevole De Collibus che «piaccia o meno la rete è ancora un fenomeno di nicchia». E che forse non è tanto utile essere tempestivi nella discussione su Sara Tommasi anzi, per usare le sue parole: «chi è Sara Tommasi? Perché cazzo le sto dedicando il mio tempo anziché andare a correre?». Ancora: «il numero di cose degne di attenzione nel mondo aumenta quotidianamente ma la quantità di attenzione non cresce proporzionalmente. La capacità di attenzione del pubblico resta molto scarsa e, come tutte le risorse scarse, dall’oro al petrolio, è estremamente preziosa».
E siamo al prologo messo come epilogo, a un’altra (già citata) frase-chiave: «La tecnologia è il dito, le persone sono la Luna» e l’invito a nuotare: «Non dovete aver paura di interagire con gli altri. […] Chiudete questo libro e fatelo ora. Ci ritroveremo da qualche parte, nella rete».
(*) Questa recensione si colloca nella rubrica «Chiedo venia», nel senso che mi è capitato, mi capita (e mi capiterà?) di non parlare in blog di alcuni bei libri, magari letti e apprezzati. Perché accade? A volte nei giorni successivi alle letture sono stato travolto (da qualcosa, qualcuna/o, da misteriosi e-venti, dal destino cinico e notoriamente baro, dalla stanchezza, dal super-lavoro … o da chi si ricorda più); altre volte mi è accaduto di concordare con qualche “testata” (contro il muro, come dice la battuta) una recensione che poi rimane sospesa per molti mesi. Ogni tanto ho perso e magari ritrovato e riperso quel tal libro… Tempo fa ho deciso che avrei rimediato in blog a questi buchi, con una rubrica apposita appunto chiedendo venia. Nel caso di Blitzkrieg tweet (uscito in primavera) non ho quasi scuse. Però-peron-peronpompero dopo aver sentito Francesco De Collibus presentarlo al festival del libro di Pescara (in realtà ha parlato di tutt’altro, ma che importa?) mi sono pentito – mea culpa, mea maxima culpa – e precipitato a leggerlo. Il treno Pescara-Imola ancora risuona dei miei ululati di approvazione. Per inciso, quando De Collibus racconta la storia del «torchio per l’uva» che Gutenberg trasformò in ben altro… non ho potuto fare a meno di pensare (ridacchiando sì) che in certe zone del Nord Italia ancora non hanno notato la differenza fra vino e stampa. E purtroppo si vede.
di Daniele Barbieri
l’Espresso, 17 ottobre 2013 Guerra lampo con un tweet
Era il novembre 2011, ancora Monti si doveva insediare a Palazzo Chigi ma già l’austerità del momento si andava a infrangere su Twitter. Dove, sbucati dal nulla, iniziarono a dilagare i #montifacts, una serie di battute che ironizzavano sulla presunta invincibilità del futuro premier. Battute brevi ma efficaci, tipo «Oggi Monti ha fatto ripartire il mercato dando un pugno a una bancarella» e così via, in un crescendo di comicità che smontava il consenso diffuso dei media verso il nascente governo del professore.
A lanciare il fortunato hashtag fu all’epoca Francesco De Collibus, uno degli autori del blog satirico Spinoza.it, laureato in filosofia e in informatica, di giorno dipendente di Ibm, di notte scrittore di battute al vetriolo. Il quale ha da poco pubblicato in un libro una delle analisi più originali di Twitter uscite nel nostro Paese: Blitzkrieg Tweet. Come farsi esplodere in rete (AgenziaX, 2013). Che è sia un manuale pratico d’azione per orientarsi sul social network da 140 caratteri sia una sorta di pamphlet filosofico su come i tweet e la Rete stiano cambiando l’informazione.
La tesi dell’autore è che le dinamiche messe in atto dai social media e in particolare dalla piattaforma di cinguettii si configurino come “guerre lampo”, fatte di attacchi fulminei, esattamente come la strategia tedesca adottata nella Seconda guerra mondiale puntava sulla rapidità delle comunicazioni e la fluidità dei reparti corazzati. Uno schema che vale per la comunicazione politica, ma anche per quella commerciale. E una mobilità contro la quale le fortificazioni della linea Maginot, oggi rappresentata dai vecchi modi di intendere la comunicazione, non potevano che capitolare.
Gli esempi non mancano, anche in Italia. Il caso più celebre è quello che il libro chiama “lo sfondamento a Sucate”, cioè le reazioni in Rete a una celebre gaffe nella campagna elettorale di Letizia Moratti che spinsero la volata di Pisapia al Comune di Milano, due anni e mezzo fa. Così, cinguettii nati spontaneamente dagli utenti hanno aggregato in pochissimo tempo uno stormo capace di oscurare i messaggi pompati con ricchi investimenti sui media mainstreain.
«Si tratta di dinamiche che esistevano anche prima, ma il tatto è che ora sono così accelerate da presentarsi con schemi nuovi», spiega De Collibus: «Il concetto di fondo è che su Twitter il messaggio è la sua ricezione, cioè conta come rivive e viene ripreso». E quindi non basta andare in guerra, bisogna decidere anche con quale strategia la si vuole combattere. Sapendo che non mancano i rischi: il più insidioso di tutti è tradire la narrazione che si da di se sui social con qualcosa di palesemente stonato. Ma anche rimanere imprigionati in quella che Eli Pariser chiama la “bolla dei filtri” e la tentazione dell’omofilia delle reti: rinchiudersi cioè in una cerchia di contatti che la pensano allo stesso modo. Mentre per De Collibus è importante uscire dal proprio gruppo, sforzandosi di connettere mondi diversi.
Di sicuro Twitter è uno strumento molto efficace nella decostruzione delle mitologie. Come dimostra un altro libro uscito di recente, ancora una volta sfornato da autori satirici, quelli del gruppo Diecimila.me. Si intitola Essere CasaleggLo - Fine del mondo in tre, due, uno minuti (ADD, 2013) e raccoglie l’esperienza dello psichedelico profilo Twitter @CasallegLo. Dove un finto Gianroberto Casaleggio dispensa pillole del suo pensiero, intrise di toni apocalittici e humour nero, del tipo: «Grandi opere. Finire Colosseo, accorciare Puglia». Il risultato è così straniante e ipnotico che in poco tempo l’improbabile account ha raccolto oltre 40 mila seguaci, alcuni dei quali convinti di avere a che fare col vero cofondatore del Movimento 5 Stelle.
Per quanto amato dalla satira, e sebbene lo spazio dei 140 caratteri si presti alla battuta a effetto, Twitter può anche essere veicolo efficace di contenuti estremamente seri e complessi. Come ha dimostrato Andy Carvin, social media strategist della radio americana NPR, che ha raccontato la Primavera araba attraverso i contenuti segnalati dagli utenti. Nei giorni caldi delle proteste di Piazza Tahrir del 2011, il giornalista scriveva o rilanciava oltre mille tweet al giorno, con ritmi stacanovisti di 18 ore di lavoro. Ma il punto non era tanto la quantità delle informazioni che partivano dal suo account, bensì la loro qualità, ottenuta con la scelta delle fonti e la loro continua verifica. Quest’ultima spesso avveniva coinvolgendo gli altri utenti collegati. Carvin, che è stato soprannominato “l’uomo che twitta le rivoluzioni”, ha quindi condensato quei mesi concitati in un libro, Disrant Witness: Social Media, The Arab Spring and a Journalism Revolution (CUNYJournalism Press, 2013), dal quale emerge come il fatto di essere “distante” dai luoghi raccontati, contrariamente alla vulgata che vuole il giornalista in loco, non sia necessariamente un limite. Almeno finché riesce a introdurre un ulteriore livello di informazione. «Quando lavoro da lontano riesco a filtrare maggiori volumi informativi da molte più fonti e posti in contemporanea. E spesso ciò mi da un quadro più vasto di quello che sta avvenendo, consentendomi di parlare con molte più persone. E dunque un diverso tipo di giornalismo, utile in certi contesti», spiega Carvin a “l’Espresso”.
Ma il reporter americano ha anche affrontato, sul campo, il precario equilibrio tra la velocità e la potenza di fuoco di Twitter da una parte, e il problema della affidabilità delle informazioni dall’altra. È stato lui, ad esempio, a rendersi conto che Amina, “blogger lesbica siriana” divenuta un simbolo in Occidente, era in realtà un americano che scriveva dalla Scozia. «La rapidità con cui si ricevono notizie su Twitter e incredibilmente preziosa, ma questo non vuoi dire che bisogna riferirle subito. Si possono fare errori. Per questo quando rilancio notizie non accertate chiedo sempre quale sia la fonte e se altri possono confermare», spiega Carvin: «L’obiettivo principale è determinare il contesto dell’informazione ricevuta, che si tratti di un video, di una foto o di un tweet. Ad esempio i filmati sono spesso al centro di errori di condivisione, anche in buona fede: magari si tratta di un vero attacco missilistico, ma avvenuto due anni prima, e in un altro luogo. Allora chiedo ai miei seguaci su Twitter di aiutarmi a identificare un filmato, se l’hanno già visto, se contiene dettagli significativi».
Il contributo degli utenti nella verifica delle fonti è sottolineato anche da Angelo Cimarosti, che nel 2008 ha cofondato YouReporter, piattaforma di video user generatcd che in pochi anni ha raccolto 65 mila iscritti e oltre 400 mila contributi. Molti di questi, come racconta il giornalista nel libro “Tè la do io la notizia!” (Mursia, 2013), sono finiti sulle tv nazionali e internazionali, a partire dallo scoop sulla Costa Concordia. Il primo video sul naufragio della nave presso l’isola del Giglio venne girato da un passeggero che lo caricò sul sito italiano di giornalismo partecipativo. «La nostra piattaforma è libera, ma c’è una selezione naturale da parte degli iscritti che segnalano subito se ci sono filmati palesemente falsi o protetti da copyright», dice Cimarosti: «Poi è chiaro che le verifiche finali devono farle i giornalisti. E credo che saranno sempre più richieste quelle figure professionali capaci di analizzare e valorizzare i contenuti degli utenti».
Anche perché tra le sfide più eccitanti del giornalismo contemporaneo ci sono proprio la velocità, il rapporto coi social media e la rilevanza verso il proprio pubblico, scrive Lillo Montalto Monella in Real-Time Journalism. Il Futuro della Notizia tra Liveblog e Coinvolgimento (Informant, 2013). L’autore ha lavorato a ScribbleLive, azienda che distribuisce alle redazioni strumenti per fare liveblogging. La “prima bozza del giornalismo”: così è stato definito questo racconto in tempo reale in cui è essenziale il ruolo del giornalista/curatore. E che promette di coinvolgere il lettore come faceva la stampa radicale del primo Novecento.
di Carola Frediani
il manifesto, 13 agosto 2013 Nuvole cinguettanti che offuscano i padroni della Rete
La rivoluzione o la rivolta non si fanno con Twitter, come è stato sostenuto con le primavere arabe. Il social network ha però il potere di veicolare punti di vista ostili al potere. Un volume sul suo uso politico

Il sapere, è noto, non è fatto per comprendere ma per prendere posizione. Un’affermazione che sembra tanto più vera quando ci si ritrova tra le mani Blitzkrieg Tweet. Come farsi esplodere in rete, l’ultimo libro di Francesco De Collibus (Agenzia X, pp. 136, euro 12): dalla sua lettura, statene certi, trarrete spunti preziosi per decidere come schierare le vostre truppe sul campo di battaglia dell’informazione.
Una premessa è doverosa. L’autore (filosofo, informatico e animatore di spinoza.it) non ha dato alle stampe l’ennesimo manuale di guerriglia marketing. O almeno, non sembra essere stato mosso da quest’unico intento. Certo, il libro è denso di suggerimenti su come concepire le vostre bombe mediatiche, influenzare l’opinione pubblica e «incendiare» il terreno della comunicazione (possibilmente senza farvi terra bruciata intorno). Ma allo stesso tempo, sotto la superficie delle 130 gustose pagine pubblicate da Agenzia X scorre come un fiume carsico una stimolante riflessione sulla rete, le ambivalenze dei fenomeni sociali che l’attraversano e i pericoli che ne stanno mettendo a repentaglio la libertà.

L’obsolescenza dei media
Ma cosa hanno in comune Twitter e la guerra lampo? Molto, se si considera che la velocità negli scenari di conflitto è un fattore in grado di mutare profondamente i connotati dei fenomeni bellici e dei sistemi di comunicazione. Così come l’adozione della blitzkrieg da parte delle truppe tedesche durante la seconda guerra mondiale aveva reso inefficace la mastodontica linea Maginot costruita dai francesi, allo stesso modo, sostiene De Collibus, la rete e i fenomeni ad essa connaturati (mentalità quantistica, disintermediazione, istantaneità e partecipazione del pubblico al processo informativo) hanno reso obsolescenti quelle fortezze comunicative broadcast (televisioni, quotidiani e radio) che il potere aveva posto fino ad oggi in sua difesa.
Attenzione. Non siamo di fronte all’ultimo di una lunga lista di intellettuali folgorati sulla via del tecno entusiasmo internettiano. L’approccio dell’autore è olistico - tecnologia e sociologia in rete «procedono di pari passo» - e rifugge quella sciocca lettura neopositivista di Internet, destinata inevitabilmente a sfociare nell’apologia liberale delle twitter revolutions o nell’annuncio della distopia orwelliana.
De Collibus non conosce il futuro. Non è venuto a dirci come andrà a finire. Sa solo che è già cominciato e che non saranno né macchine, né algoritmi a scriverlo per noi. L’accelerazione prodotta dalla rete e dai social media infatti racchiude in sé tanto la possibilità di aprirci nuovi orizzonti inesplorati quanto quella di confinarci in asfissianti recinti d’informazione. Il passo tra swarm intelligence e clicktivism (l’attivismo pigro fatto a colpi di like dalla poltrona di casa) è breve, ma sta solo a noi trovare il modo di non scivolare nel secondo. Per farlo è però necessario comprendere quali forze agitano la rete («un costrutto semiumano, nato dall’interazione tra l’uomo e la tecnologia») e come l’esperienza mediale digitale permea e modifica le nostre capacità cognitive e sensoriali.
Il libro è diviso in due capitoli. Il primo si occupa di tattica, ovvero di quei principi da attuare quando la guerra è già cominciata. Quali sono le regole per influenzare la spirale delle decisioni collettive e far sentire la propria voce sui social media? Dall’osservazione empirica di diversi campi di battaglia - come la guerra di propaganda scoppiata in rete tra Israele e Hamas nel novembre 2012 o la disfatta di Letizia Moratti alle ultime amministrative milanesi - De Collibus ne deduce principalmente due. La prima prende le mosse da una constatazione elementare ma essenziale: quella per cui il rumore di fondo della rete, l’incessante scorrere di notizie, immagini, video, tweet e aggiornamenti di stato, sta progressivamente riducendo la soglia di attenzione degli utenti. È pertanto necessario cogliere con prontezza le occasioni che ci si parano di fronte per far esplodere tempeste d’informazione sulle teste dei nostri avversari. Ma per riuscirci (ecco la seconda regola) dobbiamo rivolgerci al pubblico giusto. Questo perché nel web 2.0 ogni messaggio non viene più definito solo dal suo significato ma anche e sopratutto dal processo di significazione collettiva alla base della sua trasmissione. Nessun contenuto può cioè esistere in rete se non viene mediato e moltiplicato da un processo distribuito di cooperazione sociale e di condivisione dell’informazione. Per attivarlo bisogna saper interagire coi diversi attori che costellano l’ecosistema di rete (tra cui influencers e media tradizionali), fare comunità e trasformarsi in hub, ovvero punti di raccordo tra mondi ed isole nella rete.

La trappola del «recentismo»
Attenersi ai principi enunciati da De Collibus permette di vincere le battaglie. Non ottemperarvi significa condannarsi all’irrilevanza, che in rete è sinonimo di rovina. Ma non illudetevi: ideare hashtag, ricorrere alla memetica, organizzare petizioni o creare eventi su Facebook non vi garantirà il successo finale. Prima di scendere sul piede di guerra, anche nel web, è necessario predisporre un’adeguata pianificazione, tema che copre la seconda parte del libro dedicata alla strategia.
Come muoversi nel caos che è condizione naturale della vita on-line? Qual è il modo migliore per veicolare un messaggio, quando la struttura stessa della conoscenza è oggetto di un profondo processo di trasformazione sotto la spinta dell’overloading informativo e della logica del cloud computing? In che modo tenere alto il livello del dibattito in rete senza cadere nella trappola del recentismo, cioè nell’eterno presente privo di prospettive storiche che caratterizza i social media? Come non rinchiudersi nelle cerchie viziose dell’omofilia (l’inclinazione a parlare solo con chi ci somiglia) che trasformano il mare magnum della rete in un acquario stagnante? Quali sono gli archetipi narrativi più efficaci per coinvolgere il pubblico? Questi ed altri argomenti sono affrontati dall’autore, con l’intento di elaborare una metodologia idonea per far esplodere la rete coi propri messaggi.

I padroni del silicio
A dispetto della vena ironica che scandisce piacevolmente il ritmo della lettura, il libro esplora questioni piuttosto serie ed attuali. Tra i suoi pregi principali c’è quello di ricordare che nel web non siamo semplici utenti ma veri e propri nodi della rete, in grado di dirottare i flussi d’informazione e senso che l’attraversano. L’autore ha poi la capacità di mettere a fuoco in modo brillante gli elementi da cui sono scaturite esperienze vincenti di comunicazione politica in rete - Wikileaks e Anonymous, per esempio - la cui forma d’organizzazione, aperta e molecolare, è stata in grado di connettere porzioni di società molto differenti tra loro.
Chiuso il libro sorge però una considerazione. Se in linea teorica è vero che siamo attrezzati per sfondare la linea Maginot del tiranno (ovvero i media broadcast generalisti) è altrettanto vero che lo scontro con i nuovi padroni (le internet companies della Silicon Valley) ci vede al momento quasi del tutto sguarniti. Google e le altre major della Rete infatti si candidano appieno al ruolo di novelli broadcaster in quanto oligopolisti del mercato dell’information and communication technology, supernodi di internet ed interfacce costitutive della comunicazione sociale. Fatti che, più che alludere a processi di liberazione o empowerment dell’individuo, indicano semmai un’enorme concentrazione di potere (come testimonaia l’affaire Prism) nella mani di pochi soggetti privati che hanno cristallizzato nel mercato globale alcune funzioni politiche un tempo monopolizzate dallo stato-nazione.
È il sigillo finale sulla storia di internet? Assolutamente no, perché questa, proprio come il libro di De Collibus, non ha ancora una conclusione. Niente è per sempre e dietro l’angolo ci aspettano incredibili futuri non lineari. Siamo noi ad essere la vera ricchezza della rete. E una rete libera sarà sempre possibile fino a quando saremo disposti a lottare per essa. Come direbbe Aaron Swartz: vuoi essere dei nostri?
di Pizio Daniele
www.finzionimagazine.it, 27 maggio 2013 Blitzkrieg Tweet: come farsi esplodere in rete
Blitzkrieg Tweet. Come farsi esplodere in rete di Francesco De Collibus. Un titolo, un programma!
Il Blitzkrieg è una strategia di guerra lampo. Durante la Seconda Guerra Mondiale, questa tattica militare fu spesso utilizzata dall’armata tedesca, specialmente nel 1939, quando la Germania invase la Polonia. L’autore, collaboratore di Spinoza.it, si immagina lo stesso scenario bellico a far da sfondo alla comunicazione digitale, soprattutto sui maggiori social network. E per spiegare meglio, sotto forma di metafora, quali siano le migliori strategie di comunicazione per aver successo in questo ambito, nasce Blitzkrieg Tweet, il nuovo libro pubblicato da Agenzia X.
La concorrenza tra marchi e prodotti è sempre altissima. Le campagne di marketing vengono programmate da mesi, secondo piani e strategie mirate, che sfruttano la rete, come potente alleato, sempre più determinante per il successo di un nuovo lancio.
Grazie ai new media, infatti, gli investimenti milionari non sono più così determinanti per vincere la guerra dei messaggi virali. Twitter, Facebook, Youtube, i blog, permettono una comunicazione diretta, chiara e organizzata, a seconda del proprio target. Per arrivare ad un pubblico vasto e variegato, attraverso nuovi linguaggi e nuove modalità, basta saper scendere nel proprio campo di battaglia, con le armi giuste.
Blitzkrieg Tweet spiega come creare messaggi e contenuti potenti per realizzare una comunicazione digitale vincente. Come far esplodere le vostre potenziali bombe mediatiche nel web? Come gestire al meglio le conseguenze dello scoppio? Come emergere dal magma vischioso della rete?
Attraverso interessanti analisi di casi di successo (e insuccesso), con sapiente verve e accenti ironici, De Collibus fornisce un manuale pratico e utile, che piacerà a tutti i professionisti e gli appassionati di comunicazione digitale. D’altronde, siamo tutti schierati in una sorta di trincea digitale, chi più chi meno, quasi fossimo soldatini in guerra.
di Manuela Raganati
www.doppiozero.com, 27 maggio 2013 Twitter tra Von Clausevitz e i Ramones
È un mese buono che sto girando intorno alla recensione di Blitzkrieg Tweet, come farsi esplodere in rete. Adesso è domenica, accanto al computer c’è una birra appena aperta e in sottofondo abbastanza appropriatamente Ramones. Sì, l’album eponimo d’esordio della band americana (1976) che inizia proprio con Blitzkrieg Bop. È il contesto perfetto per un “bando alle ciance”.
Bando alle ciance perché è abbastanza vicino al vero dire che questo libro l’avrei voluto scrivere io. Immagino sia una condizione piuttosto comune, ma non mi era mai capitato di assaporare questa particolare tipologia di rosicatura. Non si smette mai di imparare!
L’Agenzia X è riuscita a sfornare un prodotto che, per quanto ne so, non ha uguali nel vasto (seppur abissalmente monotono) panorama italiano delle pubblicazioni sui social media. Merito dell’autore Francesco M. De Collibus, che si getta sul campo della comunicazione social forte di una scatola degli attrezzi messa assieme in una delle fucine più interessanti del web italiano: Spinoza.it. E indubitabilmente spinoziano è tutto il libro. Veloce, ironico, tagliente, lesto. In 132 pagine De Collibus mette in fila tutto quello di cui c’era bisogno per superare il florilegio di mitologie semplificanti imbastite dai mass media negli ultimi anni a proposito di Twitter.
Con poche agili falcate passa oltre gli stereotipi del “popolo di Internet” e delle “rivoluzioni di Twitter” per arrivare agli strumenti concreti che servono per impostare delle campagne nel nuovo campo di battaglia mediatico. Ed è proprio la metafora della guerra quella scelta dall’autore, in bilico tra il serio e il faceto (o meglio tra Von Clausevitz e i Ramones). L’acuminato manualetto si divide infatti in due sezioni: “Come vincere le battaglie” e “Come impostare le guerre”. Nella prima parte si identificano gli strumenti necessari ad un equipaggiamento individuale tattico sul web, raccontando come la linea Maginot della comunicazione mainstream sia stata sfondata nel 2011 nei pressi di Sucate (ne scrissi qua), ed equiparando le pratiche su Twitter alle diverse strategie di bombardamento aereo. Nella seconda metà vengono passati in rassegna alcuni dei casi degli ultimi anni nei quali i social media sono divenuti dei veri e propri spazi virtuali contesi, dal caso di Amina Abdallah Arraf al Omari (la finta attivista lesbica a Damasco fintamente rapita da fantomatici agenti governativi, inventata su un blog e smascherata su Storify da Andy Carvin) a quello della campagna contro il leader del Lord’s Resistance Army, Kony 2012.
Il risultato finale è un pamphlet che vi permetterà di voltare pagina a cuor sereno tutte le volte che sui quotidiani vi imbatterete nell’ennesimo articolo elegiaco, paranoico, nostalgico o inutilmente entusiastico su Twitter e affini. Dopo le pagine dedicate alla tecnologia di solito vengono quelle con la lista delle sagre: le informazioni sono probabilmente più esatte, sicuramente più interessanti.
Intanto, è certo che Agenzia X negli ultimi tempi sta infilando una sequela di piccoli capolavori librari, da questo al feroce Amianto (prossimamente su doppiozero), passando per +Kaos (prossimamente su questi schermi) e Velocità di lotta (recensito da Vincenzo Latronico poche settimane fa).
I Ramones ormai stanno cantando Let’s Dance, e l’album volge al termine. Chiudo, mi apro un’altra birra e vado al parco.
di Bertram Niessen
www.altratv.tv, 24 maggio 2013 Blitzkrieg tweet
Sapete come far esplodere le vostre bombe mediatiche in rete? Blitzkrieg tweet è il nuovo libro di Francesco De Collibus, edito da Agenzia X, che spiega le tecniche innovative per utilizzare al meglio i social network e gestire le conseguenze dell’esplosione nel web.
Le classiche campagne di comunicazione in stile kolossal non hanno più gli stessi impatti che avevano in passato sulla massa: oggi è la massa stessa a mandare quegli input in grado di scatenare l’esplosione in rete attraverso il Word of Mouth. Da qui Blitzkrieg tweet inizia la sua guida pratica fra tattiche, consigli e strategie per una comunicazione-bomba fai-da-te. Nessun attentato in versione digitale, ma istruzioni per l’uso e accorgimenti per non cascare nelle mille trappole del web e mantenere la propria credibilità.
Francesco De Collibus è laureato in filosofia e in informatica, è esperto di social software ed ha una predilezione per le metafore belliche. Da qui il titolo del suo libro che accosta il cinguettio del social network dei 140 caratteri alla tattica militare della guerra lampo.
http://mytech.panorama.it, 6 maggio 2013 Arriva il manuale per essere popolari e credibili sul web
Blitzkrieg tweet di Francesco De Collibus spiega le tecniche per usare al meglio i social network e le forme innovative della comunicazionePer quanto calzante, il termine viralità non lo entusiasma: «Qui non ci sono malattie da cui curarsi, ma forme innovative della comunicazione da comprendere e padroneggiare». Francesco De Collibus preferisce piuttosto le metafore belliche: il suo nuovo libro si chiama Blitzkrieg tweet (136 pagine, Agenzia X), dove il cinguettio è accostato alla tattica militare della Guerra lampo (in tedesco «Blitzkrieg», per l’appunto) e il sottotitolo continua sulla stessa falsariga, recita «come farsi esplodere in rete». Senza essere un manuale per aspiranti suicidi digitali, anzi, all'opposto, spiegando come guadagnare popolarità inviando messaggi forti, credibili, tramite internet: autentiche armi di informazione i cui effetti e le cui conseguenze vanno gestiti a dovere. De Collibus, una laurea in filosofia e una in informatica, esperto di social software e tra gli animatori del blog Spinoza.it, parte da un’evidenza: sul web e sui social network non valgono le regole tipiche degli altri media, non sono gli investimenti milionari a fare la differenza. Perciò con uno stile ironico ma sempre accurato racconta come chiunque possa imboccare le vie del successo o, comunque, le strade per ottenere visibilità. Il suo libro è «L’arte della guerra», trasferita in un universo incredibilmente magmatico e, allo stesso tempo, democratico: quello dei bit.

In sintesi, su cosa si concentra il suo saggio?
Si parla dei messaggi in grado di conquistarsi un proprio pubblico e di farsi ritrasmettere esclusivamente in base alle caratteristiche della loro composizione. Non è un libro che tratta solo di Twitter, ma di come muta il pensiero umano in rete. I vecchi capisaldi della comunicazione e del potere sono simili alla colossale linea Maginot e possono essere aggirati e sconfitti attraverso un utilizzo accorto dei formidabili nuovi strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione.

I riferimenti militari nel testo abbondano. Come mai?
Il libro è scherzosamente un manuale di guerra sul web, quindi, a scopo puramente di metafora, abbiamo strutturato i contenuti seguendo questi paralleli. Perciò si parla di Blitzkrieg e di twittare come bombardare. Una metafora ha il potere di aiutarci a spiegare e quindi ci permette di farci capire.

Perché la dedica ad Aron Swartz? E ad Antonio Caronia?
Swartz è il santo laico patrono del libro. Da una nuvoletta ultraterrena di libertà digitali egli veglia su di noi e ci protegge mentre lottiamo per tenere la rete libera. Caronia è il maestro che ciascuno di noi rimpiangerà tutta la vita di non aver avuto, nume tutelare delle controculture milanesi e non. Antonio è venuto a mancare proprio mentre il libro si chiudeva, e ci sembrava doveroso ricordarlo.

Perché iniziare il libro con l'epilogo e chiudere con il prologo?
Perchè la rete è un percorso ininterrotto, privo realmente di un inizio, e di una fine. Le cose in rete non seguono le regole aristoteliche della narrazione, ma maturano come le forme organiche. Dobbiamo imparare a stravolgere il nostro punto di vista per interagire al meglio con la rete. Quindi ho ritenuto utile operare questo piccolo giochino di inversione. Si inizia con la fine del vecchio, si conclude con l'inizio del nuovo.

Con quali criteri ha scelto i cinguettii riportati nel testo?
Ho volontariamente selezionato episodi alti, famosi, celebri (come il caso della finta blogger lesbica a Damasco, o del regista di Kony 2012 Jason Russell) con altri meno celebri, e più quotidiani, di quelli che possono capitare a chiunque. La mia tesi di fondo è che le dinamiche in gioco, sia nei momenti alti che in quelli meno celebri, siano esattamente le stesse, e mi auguro che questi esempi lo dimostrino. In rete non c'è un alto e un basso, ma un continuo ripetersi di dinamiche sociali.

Facciamo qualche esempio pratico dei contenuti. È interessante la teoria del «follow the money». Ce la spiega?
In realtà è un concetto piuttosto di buon senso: se vuoi affermarti in qualsiasi campo devi avere dei modelli da seguire, delle fonti di ispirazione che siano in grado di guidarti. «Follow the money» vuol dire che se vuoi diventare popolare in rete, ti conviene capire cosa ha fatto chi popolare lo è già. Senza scimmiottare le twitstar, bisogna però comprendere che i meccanismi che regolano la celebrità in rete, da Kim Kardashian fino al meno seguito degli account sono basilarmente le stesse.

Secondo lei che futuro c'è per Twitter? Come si evolverà?
Twitter è ormai insieme l'ufficio stampa del pianeta e uno strumento per creare eventi e aggregazione.Trovo difficile immaginare uno stravolgimento della piattaforma o una sua radicale evoluzione, anche se si continuano a fare esperimenti, l'ultimo dei quali è il servizio di video Vine. Credo che il social network espanderà la propria base utenti e la propria adozione, ma resterà essenzialmente ciò che è ora.

E Facebook?
Facebook si sta muovendo per coprire una gamma di servizi sempre più completa. Ormai essere connessi su Internet vuol dire essere loggati su Facebook. Tuttavia credo che il suo core business resterà fornire e garantire identità digitali e trasferire reti sociali in differenti contesti applicativi.

Come immagina saranno tra dieci anni le dinamiche della socialità in rete?
Se nel 2003 ci avessero descritto il mondo di oggi, saremmo sbottati in una sonora risata. Per citare il motto del Founders Fund di Peter Thiel: «We wanted flying cars, instead we got 140 characters» («volevamo macchine volanti, invece abbiamo 140 caratteri», ndr). Trovo che rispetto alle rivoluzioni che ogni giorno accadono in rete, il livello di riflessione sociale sia rimasto clamorosamente indietro. Questi saranno ricordati come gli anni più tumultuosi della storia umana, a livello di cambiamenti negli strumenti e nella mentalità della comunicazione. Interfacce uomo macchina sempre attive come Google Glass offrono un buono spunto di come saranno questi strumenti social nel futuro a medio o lungo termine. Non saremo noi a essere su Facebook, o comunque si chiamerà in futuro questo strumento social. Sarà lo strumento social a essere sempre con noi e ad assisterci in tutto quello che facciamo.
di Marco Morello
www.lospaziodellapolitica.com, 29 marzo 2013La guerriglia digitale del Generale De Collibus
L’ultimo saggio di Francesco de Collibus rispecchia la doppia natura dell’autore, laureato sia in filosofia che in informatica e da tempo interessato all’impatto sociale delle tecnologie. Blitzkrieg Tweet, con un uso intelligente dell’ironia e tramite l’intersezione tra piani analitici eterogenei, ci racconta quali sono le strategie con cui gestire la logica delle conversazioni online. Lo fa con un approccio originale, basato su metafore azzeccate tratte dalla storia militare, dal classico caso della linea Maginot alle tecniche di guerra aerea.
Tramite una serie di casi studio azzeccati, dalla famosa gaffe di “Sucate” della campagna Moratti (a cui ha dedicato un indimenticabile articolo su Lo Spazio della Politica) fino alla rappresentazione su Twitter del conflitto tra Israele e Palestina, De Collibus cerca di comprendere come “messaggi pompati con investimenti miliardari vengono ignorati (o peggio ancora derisi), mentre input anonimi si staccano dalla massa”. Questo manuale di guerriglia digitale cerca quindi di raccontare come gestire la difesa e l’attacco delle conversazioni in rete e come alcuni memi, virtuosi o patologici, riescano a farsi strada. Questo viaggio viene fatto attraversando i più importanti dibattiti avvenuti di recente, come ad esempio il caso del suicidio dell’attivista digitale Aaron Swartz.
In Blitzkrieg Tweet abbiamo mille stimoli di riflessione: da come l’identità individuale si stia strutturando tramite la condivisione di contenuti online al dibattito sul “recentismo” su Wikipedia, dalla descrizione delle reazioni isteriche alla satira in rete fino alla necessità di una nuova percezione del tempo legato all’uso delle tecnologie digitali. Uno dei temi più interessanti è inoltre quello delle “antinarrative”, i virus cognitivi che riescono a distruggere rapidamente la reputazione di organizzazioni o personaggi pubblici rovesciandone l’immagine dominante, come ad esempio è accaduto di recente nel caso di Luttazzi.
Nel testo è evidente il coinvolgimento diretto dell’autore, che ha studiato le dinamiche della società in rete non solo da un punto di vista teorico ma tramite un coinvolgimento sul campo. Si pensi, ad esempio, alla descrizione dei meccanismi della satira su Spinoza, di cui De Collibus è uno dei contributori principali, o del lancio del fortunato hashtag #Montifacts, con una serie di battute basate sul meccanismo dell’iperbole (“Monti è talmente sobrio che lo usano per calibrare gli alcoltest”, “Monti regala la gioia di vivere agli emo”, etc.) che l’autore ha costruito assieme a Giuseppe Torri nel 2011.
L’autore sostiene che “la metà dei lettori di questo libro non ha né un lavoro né la speranza di poterlo trovare”. Espressione ironica e chiaramente esagerata… ma non troppo. Il libro infatti è un ottimo squarcio di ciò che accade nel mondo attuale e trasuda consapevolezza sulla dinamica della nostra fase storica, dove la rete riesce ad amplificare sia l’intelligenza che la stupidità collettiva. Utilizzando le parole del libro: “Ricordate che oggi nulla impedisce né alla vostra genialità né alla vostra mediocrità di palesarsi come tali.” Per impedire alla mediocrità di prevalere, bisogna addestrarsi nell’arte della guerriglia in rete. Grazie a questo ninjutsu digitale potrà essere possibile costruire comunità aperte a stimoli esterni, in grado di sorpassare i meri meccanismi di reazione fisiologica e capaci di espandere costantemente la propria intelligenza.
Raffaele Mauro
www.milanox.eu, 25 marzo 2013Blitzkrieg tweet. Come farsi esplodere in rete
Visto che il modello broadcast è obsoleto, che il marketing classico è sempre più in crisi, come si fa nell’epoca dei social network ad inviare degli input efficaci?
Come si fa a prevedere quelle reazioni a catena che possono replicare come un virus il nostro messaggio e farlo esplodere in rete?
A questa ed ad altre questioni è dedicato l’ultimo pamplhet pubblicato da Agenzia X, scritto con stile agile, grande arguzia e una fortissima dose di ironia da Francesco de Collibus.
L’autore è un personaggio a cavallo tra umanesimo e scienza: è filosofo, informatico, nonché animatore del sito di satira Spinoza.it.
È l’uomo giusto che spunta al momento opportuno e ci svela con leggerezza, ma allo stesso tempo in maniera rigorosa, ingredienti e tecniche per confezionare un’ordigno mediatico ad alto poteziale, da fare detonare nel web.
Ma Blitzkrieg tweet è molto più di una guida alle tattiche per utilizzare al meglio l’omonimo social.
È un vero e proprio manuale di strategia per la comunicazione nel mondo digitale, che affronta questioni cruciali, come quella dell* nostr* identità in rete, della reputazione, della gestione di eventuali boom o insuccessi.
Ha due caratteristiche fondamentali: dice cose intelligenti e si legge pure bene. In più è ricco di analisi e case histories più o meno celebri, che De Collibus interpreta con lucidità e humor.
Ci vediamo per la presentazione milanese, che si terrà domenica 21 aprile a Piano Terra, via Confalonieri 3, zona Isola!
Vi aspettiamo numerosi (e preparati, e avete solo settimane per farlo…)
di Pablito el drito

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