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Il fiore del deserto
Infoaut.org, 3 febbraio 2019 Il fiore della rivoluzione
Il fiore del deserto di Davide Grasso, edito da Agenzia X, si apre con una dedica «A Berivan. A Zagros». Come in diversi altri passaggi di questo libro, mi sono trovato a dover contenere i ricordi e le emozioni che affiorano quando mi reimmergo nella rivoluzione della Siria del Nord. Ricordo di aver informato Davide del martirio di Berivan e Zagros un giorno del caldo Maggio siriano 2018. Ho trovato le loro foto, insieme a quelli di altri martiri delle Ypg e delle Ypj, appese al muro di un’accademia; per qualche oscuro collegamento mentale ho subito pensato che fossero gli hevalen di cui lo avevo sentito raccontare. Era così; non sapeva che fossero caduti, ma se lo aspettava. Erano diventati martiri nell’estate 2017 nell’operazione di avvicinamento a Raqqa, l’allora capitale dello Stato Islamico. Zagros era originario proprio di Raqqa e sognava di liberarla dall’incubo ISIS. Questo libro è il tentativo di rimanere fedeli ai martiri, di tributar loro il necessario rispetto; è un gesto di lotta per continuare il cammino di chi ha dato la vita combattendo l’ISIS e difendendo la rivoluzione confederale, l’unica rivoluzione anti-capitalista, femminista, ecologista sbocciata nel nostro secolo.
“Il fiore del deserto” in questo momento ha un valore particolare anche per altri motivi. Infatti la Federazione Democratica della Siria del Nord è sotto la minaccia della Turchia di Erdogan e delle bande islamiste a cui è alleata, dopo l’annuncio del ritiro delle truppe statunitensi. Questo libro è un corposo saggio su questa rivoluzione contemporanea basato su numerose interviste, conversazioni e esperienze dirette raccolte da Davide nei suoi due viaggi in Medio Oriente, nonché sullo studio storico e politico della regione. Se per la rivoluzione è un momento critico in cui la sua stessa esistenza è a rischio, per noi è il momento di informarci, di prendere parte e sostenere questa impresa che da speranza di libertà a tutti i popoli del mondo.
Come se non fosse abbastanza per giustificare il valore della sua opera, l’autore è stato recentemente proposto dalla Procura di Torino per la misura della sorveglianza speciale, perché ritenuto socialmente pericoloso a causa della sua esperienza nelle Ypg con le quali ha partecipato all’operazione militare per liberare la città siriana di Manbij dallo Stato Islamico nel 2016. Agli atti della richiesta della Procura di Torino figura anche la copertina del suo lavoro precedente, “Hevalen. Perchè sono andato a combattere l’ISIS in Siria”, considerato a quanto pare elemento di pericolosità sociale, insieme a stralci delle numerose conferenze in cui Davide ha parlato della Siria e della rivoluzione confederale.
Una volta tornati ci siamo trovati spesso di fronte persone per le quali là in Siria la situazione è troppo incasinata, non si capisce da che parte stare. Nelle pagine iniziali di questo libro si trova la migliore risposta. L’introduzione è una preziosa spiegazione, ricca di fonti, dei principali avvenimenti che hanno sconvolto la Siria dal 2011 ad oggi: come sono nate le rivolte nella cornice delle Primavere arabe, quale è stata l’influenza delle potenze globali e regionali (Stati Uniti, Arabia Saudita, Unione Europea, Russia, Qatar, Turchia, …), quali i passaggi chiave del conflitto e della rivoluzione. Con chiarezza si distinguono e si spiegano i percorsi delle tre parti in conflitto: quella oligarchica del regime dittatoriale di Bashar al-Assad, quella teocratica delle diverse bande islamiste o salafite e quella democratica-rivoluzionaria del Pyd e delle Ypg/Ypj.
Nel libro si parla dell’Iraq e della diga di Mosul (e degli interessi dell’Italia su quest’opera terrificante), delle comuni, delle cooperative agricole, del movimento delle donne, delle battaglie principali, dell’arte rivoluzionaria, dell’autodifesa popolare, dell’ideologia e di tantissime altre cose fino agli avvenimenti più recenti. Per ognuno dei temi trattati al centro non è una descrizione oggettiva e distaccata, ma sono le parole degli uomini e delle donne che stanno facendo la rivoluzione: cosa pensano, quali sono i loro progetti, le difficoltà che incontrano. Dalle parole dei militanti più formati a quelle dei protagonisti popolari, anche quando non perfettamente aderenti all’ideologia confederale, si percepisce la complessità di un reale processo rivoluzionario che è in grado di coinvolgere e mobilitare tutti gli strati della società, nella sua ricchezza e nelle sue contraddizioni. Nella nostra esperienza di vita in Europa è talvolta difficile anche solo immaginare la concretezza e l’attualità di una prospettiva rivoluzionaria, invece queste testimonianze ci parlano di una convinzione in una società libera talmente forte da sfidare le condizioni più dure.
L’ultimo capitolo del libro affronta alcune delle questioni che spesso emergono nei dibattiti che affrontiamo in Italia. Qual è il rapporto tra rivoluzione e Stati Uniti? Quale il rapporto con la questione palestinese? Quale possibile approccio da sinistra all’Islam? Un ruolo importante ha la critica al malinteso antimperialismo dei sostenitori del regime di Assad e al fascino della sinistra per la proposta teocratica delle bande islamiste. La rivoluzione confederale insegna anche a noi che non si può lottare per una società libera se si ignora la sofferenza che il potere produce nel popolo e contemporaneamente non si considerano le forme di insubordinazione sociale come campi di battaglia sui quali i militanti rivoluzionari devono giocare il ruolo di proporre visioni e progetti di liberazione.
Quella di saper criticare la rivoluzione per la quale si è rischiato la vita, nella quale si ripongono speranze, è una capacità che Davide ha sempre mostrato e che ho sempre apprezzato. Questo libro ne è impregnato: «Apprendere da un’esperienza politica di indubbio successo è fondamentale per chi intende sfidare il presente con scopi analoghi; analizzare in modo critico e indipendente il fenomeno rivoluzionario, ovunque e comunque si presenti, è uno dei compiti essenziali per un militante, ma anche tra i più difficili.»
Leggendo Il fiore del deserto mi è venuta in mente la prefazione di Lenin a I dieci giorni che sconvolsero il mondo di John Reed, nella quale il rivoluzionario bolscevico diceva: «Lo raccomando senza riserve agli operai di tutto il mondo. È un libro che mi piacerebbe vedere pubblicato in milioni di copie e tradotto in tutte le lingue.»
Forse il paragone con degli eventi di tale portata storica e politica come la rivoluzione del ‘17 in Russia può rassomigliare l’azzardo, ma è pur vero che la rivoluzione in Siria del Nord è l’unica rivoluzione del nostro secolo, l’unica che la nostra generazione vede nascere, costruire un’alternativa e lottare per un futuro di libertà. Se non vogliamo vedere la storia, la storia dei popoli in rivolta, la nostra storia, scorrere davanti a noi mentre siamo intenti a pensare ad altro, dobbiamo sviluppare con questa rivoluzione un rapporto di amicizia, di conoscenza e sostegno: Il fiore del deserto è un passo lungo questo cammino. «Non c’è rivoluzione che non sia sotto assedio; ma il carattere di fatalità sembra assumere questa circostanza non esonera le donne e gli uomini che amano la libertà ad agire in sua difesa.»
di Jacopo Bindi
il manifesto, 8 febbraio 2019 Dentro la questione Kurdistan, interrogando una comunità politica
Dal generale al particolare, dalle origini di un popolo alla sua quotidianità. È il percorso che due testi permettono di compiere all’interno di quella entità – mai statuale, ma radicata nella storia e la terra – chiamata Kurdistan. Due libri di recente pubblicazione che compiono un viaggio dovuto, nel mare magnum della saggistica oggi dedicata a un tema attuale da due millenni eppure costantemente tradito dalle contingenze e le narrazioni deviate: Curdi, a cura di Antonella De Biasi con contributi di Giovanni Caputo, Kamal Chomani e Nicola Pedde (Rosenberg&Sellier, pp. 216, euro 14); e Il fiore del deserto di Davide Grasso (Agenzia X, pp. 352, euro 16).
Sull’esistenza stessa di qualcosa chiamato Kurdistan si sofferma il primo libro. Sviscera, attraverso la ricostruzione storica e politica, la natura stessa e intrinseca di un popolo che è stato ed è modello del sistema coloniale e neocoloniale. Un sistema antico quanto antica è la civilizzazione della Me-sopotamia. È intorno ai due fiumi, il Tigri e l’Eufrate, grembo primordiale della civiltà asiatica ed europea, che il popolo curdo – come quelli arabo, persiano, turco – è cresciuto con il suo bagaglio culturale, sociale e politico unico. Un’unicità tuttora presente che, intrecciandosi alla negazione strutturale della statualità, ha portato alla necessaria teorizzazione (e messa in pratica) del concetto di autonomia.
Curdi è un interessante punto di partenza nella disamina della «questione» Kurdistan. Gli autori ripercorrono la millenaria storia del popolo curdo, ne raccontano le divisioni pregresse, la struttura clanica e patriarcale, il naturale intreccio con gli interessi dei potentati di ogni epoca, fino all’attualità più stringente. Lo fanno dividendo il volume secondo lo schema coloniale figlio della Prima guerra mondiale e della suddivisione artificiosa del Medio Oriente, con i capitoli dedicati agli Stati che da cent’anni si spartiscono l’entità kurda: Turchia, Siria, Iran e Iraq. I quattro autori ripercorrono l’ultimo secolo ricostruendo tassello per tassello le ragioni dell’oggi, prodotto delle politiche di potenza tanto quanto delle ideologie dei partiti e dei movimenti curdi che compongono l’attuale panorama.
Dal generale al particolare, il percorso si completa con il secondo testo, Il fiore del deserto. A metà tra il reportage e l’analisi politica, Davide Grasso, ex combattente delle unità di difesa popolare Ypg a Rojava, conduce il lettore dentro la rivoluzione in corso e in fieri della Federazione della Siria del nord.
Pluralismo, ecologismo, femminismo, multiculturalismo, democrazia popolare di base, autogoverno: le parole chiave di un progetto, quello del confederalismo democratico, che non manca di ovvie contraddizioni e di ostacoli ma che continua a produrre cambiamento.
L’autore, che ha vissuto a lungo nella regione di Rojava, ricostruisce la rivoluzione narrandone le strutture (dalle cooperative alle comuni agricole, dalle case delle donne alle unità di difesa) e facendo parlare i suoi protagonisti, un crogiuolo di volti, etnie, confessioni, provenienze che nell’incontro – e lo scontro – educano se stessi e la più vasta comunità ih vista della costruzione di una società nuova, di un’umanità nuova. In tale contesto il Kurdistan quale entità geografica e identitaria viene superato da una battaglia politica (che si fa tangibile vita quotidiana) allergica al concetto di confine, separazione, distinzione. Una rivoluzione per l’intera famiglia umana è il grande e destabilizzante sogno coltivato tra i villaggi e gli uliveti della Siria del nord, costantemente sott’attacco degli attori che Grasso elenca e studia, dagli Stati nazione regionali alle potenze globali fino al capitalismo moderno e ai fondamentalismi di ogni natura.
di Chiara Cruciati
A-rivista anarchica, febbraio 2019 Rojava
Nel suo libro Il fiore del deserto. La rivoluzione delle donne e delle comuni tra l’Iraq e la Siria del nord, Davide Grasso racconta l'esperienza dei curdi nella Siria del nord, un territotio attraversato dalla guerra, dove gli equilibri creati da attori internazionali continuano a mutare, causando devastazioni e vittime innocenti. Il volume raccoglie testimonianze, riflessioni e approfondimenti sulle diverse fasi del conflitto ancora in corso e sul percorso rivoluzionario.
agirebablisoke.wordpress.com, 19 dicembre 2018 Il fiore del deserto tra guerra e rivoluzione
Il fiore del deserto di Davide Grasso, edito da Agenzia X, è un libro che attraversa L’Iraq per raggiungere il nord della Siria fino ad arrivare al deserto siriano.
Letto tutto d’un fiato, è un libro scorrevole e soprattutto comprensibile per coloro che poco conoscono della rivoluzione confederale del Nord della Siria.
Il tutto inizia nel 2011 con le proteste contro il regime di Assad, dove decine di gruppi di fondamentalisti islamici, i cosiddetti “ribelli”, vengono finanziati e armati dalle potenze del Golfo, dall’Europa, dagli Stati Uniti, dall’Iran e dalla Turchia. Questo è l’anno in cui ha inizio una guerra per procura che si espande senza sosta, che ancora prosegue e non accenna a fermarsi.
Ma chi c’è dietro questa guerra? Come si è esteso lo Stato Islamico? E Al Qaeda?
L’autore ripercorre i fatti accaduti in questi luoghi partendo dalle proteste in Iraq del 2012 e del 2013, dove lo Stato Islamico riuscì ad imporsi sulla popolazione irachena senza non poco sostegno, ci racconta poi degli scontri etnico/religiosi e di quelli tra sunniti e sciiti che vanno avanti da centinaia di anni e ancora la presa di Mosul, seconda città più grande dell’Iraq.
Infine arriviamo in Siria per ritrovare una terra distrutta da quasi 8 anni di guerra ed è in questo deserto, dove non si intravede la fine, che qualcuno ha detto NO e si è armato.
Qui vive la resistenza, una lotta valorosa per difendere la rivoluzione comunalista nata nel Nord della Siria nel Luglio del 2012, dove i semi sono stati piantati decine di anni prima e solo adesso si stanno vedendo i frutti. Il fiore del deserto resiste da 7 anni agli attacchi e ai giochi di potere imposti dalle potenze internazionali presenti nel conflitto Siriano. Sono nate assemblee popolari, cooperative agrarie, consigli delle donne, case del popolo, case delle donne e sono migliaia le comuni presenti nel Nord della Siria.
Il Rojava, che noi tutti conosciamo grazie all’eroica resistenza di Kobane, nel 2016 è diventata Confederazione Democratica della Siria del Nord, una federazione che comprende curdi, arabi, assiri, turcomanni, armeni e decine di altre etnie presenti nel territorio.
Popoli che vivono nel nord della Siria si sono uniti senza discriminazione razziale e religiosa per difendere, in primis, la rivoluzione delle donne, le quali hanno un ruolo centrale e rappresentano il pilastro portante.
Una rivoluzione dei popoli che non ha confini, che non è racchiusa all’interno della Siria del Nord ma che si è sviluppata anche in alcune zone dell’Iraq e del Kurdistan turco e capace di sconvolgere i piani di guerra di molte potenze presenti nel conflitto.
Il fiore del deserto si è esteso fino al sud della Siria dove consigli civili sono nati nella zona di Shaddadi e di Deir el-Zor, ultima sacca di resistenza dell’ormai ex Stato Islamico, e sono decine le brigate arabe che si sono unite alle Sdf per difendere e resistere agli attacchi senza non poche difficoltà.
Le sfide future non sono assolutamente facili e il tragitto è tutto in salita.
Tante domande sono state poste ai compagni e alle compagne che si sono recati nel Nord della Siria, centinaia di incontri sono stati fatti per far conoscere e far comprendere la rivoluzione in atto, molte risposte a quelle domande le troverete in questo libro.
“Il fiore del deserto” ci racconta una rivoluzione radicale, femminista, ecologista e anticapitalista che ha molti nemici e che viene attaccata da tutte le parti. Sono popoli che resistono da anni per difendere una società civile che non può essere lasciata sola.
Questo fiore va difeso, sostenuto e non lo si può abbandonare alla prima difficoltà perchè non esistono rivoluzioni in discesa, anzi, la rivoluzione richiede costanza, fatica e convinzione.
Se questo fiore resiste da tanti anni in un deserto così vasto un motivo ci sarà, ed è la forza e la tenacia di miglia di martiri caduti per difenderlo.
di Paolo Pachino, internazionalista Ypg

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