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Dietro di sé lasciano le macerie di un decennio carico di niente che appartenesse loro e si trovano davanti a un paesaggio desolato, soli, con la forza degli occhi per vedere, quella degli strumenti per urlare e quella della voce per descrivere. Cantanti e musicisti che “rovistando tra i futuri più probabili vogliono solo un futuro inverosimile”, suonare il paese prima che cada. In un momento in cui la musica sta affrontando una rivoluzione interna questo libro sa raccontare i retroscena, farci conoscere più da vicino i protagonisti sia per la loro storia sia per la scrittura, ovvero una modalità di comunicazione diversa da quella dei testi delle canzoni. Una lettura senz’altro, volontariamente, poco organica e organizzata ma che ci regala una dimensione diversa dei musicisti perché scelta da loro, sia per argomento che per registro, e non guidata come accade in un’usuale intervista. Da non sottovalutare il lavoro di Scarabelli che di fronte a tanti mondi diversi è riuscito a trovare una galassia unica.
di Silvia Bello
di Vinz
di Giorgio Moltisanti
di Gabriele Baroni
di Luca Grinicella
di LucyVaNPeLT
di Ornella Stagno
di Alessandro Tavola
di Roberto De Marco
di Giorgio Moltisanti
di Elena Raugei
di Enrico Veronese
di Ricky Russo
di Cristiano Sanna
Data l’eterogeneità dei personaggi che sei riuscito a mettere insieme, ci dai una definzione di “indipendente”?
In realtà non considero la mia selezione come una rappresentazione della musica “indipendente”. Non mi sembra ci sia una “scena”. Di certo c’è qualcosa che si muove a livello musicale a livelli diversi rispetto agli anni ‘90. Alcuni di questi artisti, per esempio, incidono con delle major. Eppure continuano ad avere il controllo della propria comunicazione e della propria musica più di quanto accadesse in passato. Forse il fatto che non si vendono più dischi e si è costretti a suonare tanto live aiuta!
Difficile fare una media di tutti gli interventi presenti nel tuo libro, ma dal tuo punto di vista, che panorama abbiamo di fronte?
Il panorama è quello che resta dopo un terremoto disastroso. I musicisti esistono tra le macerie dell’industria discografica. Ma, secondo me – e anche secondo loro a quanto hanno scritto – questo non è poi un grande male. La vera sfida per tutti sarà il confronto con internet, ora che le novità si sono sedimentate.
Si respira comunque un’aria un po’ pesante…
In Italia dici? Certo, e il titolo allude proprio a questo. Il nostro paese sembra sempre sul punto di crollare, eppure ci sono persone disposte a impegnarsi (nella musica, ma in tutta cultura) senza aspettare tempi migliori. Il problema è che spesso agiscono ognuno per conto suo, invece di aiutarsi a vicenda. Ma spero che esperimenti come questo libro possano servire anche a smuovere le acque (o le arie).
di Federico Bernocchi
di Marco Braggion
Mi sono licenziato, ho detto ai ragazzi che andavo a Milano, per un anno,ma sarei tornato tutti i fine settimana a fare le prove. Avevo trovato un corso di grafica, un’altra cosa che mi piaceva. Poi a milano ho incontrato un’amica dei tempi del liceo che cercava un coinquilino, e così da allora ho sempre abitato con lei, nella stessa casa. Credo fosse il 2005. Mi dividevo tra casa e e scuola, con estrema severità: ero angosciatissimo, avevo ventinove anni, dopo aver lavorato così tanto era difficile. Se andavo a fare un giro in piazza Duomo mi sentivo come quando marinavo la scuola, mi chiedevo: cosa ci fa tutta quella gente in giro, ma non lavorano, cosa fanno? Questi vagabondi chi sono? Una cosa stranissima. A Fidenza in piazza il pomeriggio ci sono solo pensionati, spesso neanche quelli. Ho capito che c’erano tantissimi lavori che non implicavano lo stare in ufficio dalle 9 alle 18.
Dente
Cerco di puntare il dito contro le pretese soffocanti della nostra società. Nella canzone I Can Do It faccio una lista infinita di cose che sono in grado di fare. Sollevamento pesi? Lotta nel fango? Bungee jumping? Dogsitting? Finire su Rolling Stone? Su una Rolls Royce? È quello che ti aspetti da me,vero? Allora posso farlo. Dai. Sono il tuo giocattolo. Ti sei divertito?
Tying Tiffany
Mi piacerebbe riguardare le cose che faccio tra qualche anno e rivederle come eventi storici personali. Reperti della realta e della mia intimità. Fototessere. Arrivederci amore,tra otto ore. Salutarsi la mattina e rivedersi la sera, in questo stato del benessere ipotetico. Un governo che potrebbe cadere domani ma lasciare danni per vent’anni, perchè ha lavorato sull’immaginario, e l’immaginario è la cosa più importante e fragile. I problemi economici e costituzionali si risolvono prima. E sempre questo amore che come colonna sonora ha un telegiornale.
Vasco Brondi
L’atto di spostare i mobili è sempre stato misterioso, quasi simbolico, fin dall’infanzia quando nei fumetti Disney leggevo che Paperino chiamava Paperina per farlo. Lui faticava tantissimo, sudava disperato e alla fine passava Gastone in macchina e si portava via Paperina. La Disney mi ha procurato dei disastri.
Federico Dragogna (Ministri)
Dall’alto dei miei quarantadue anni non avevo mai visto tanto sfacelo. Viviamo un momento di profonda decadenza culturale, politica,istituzionale, sociale. Il ceto politico non è semplicemente inadeguato, quelli che sono al governo si stanno rivelando dei veri mascalzoni. Parafrasando von Clausewitz, sono convinto che la politica sia troppo importante per lasciarla ai politici. Ci vuole la società civile. Artisti e intellettuali attivi. Dobbiamo essere noi a ribellarci a questo stato di cose. Lo possiamo fare alle urne, ma ancora prima nella nostra vita privata, negli spazi di socializzazione. Bisogna tornare a discutere, e dobbiamo farlo nei luoghi di lavoro. Se sul lavoro non apri mai bocca e subisci tutto, la situazione si involve per forza. Dobbiamo mantenere intatta la nostra dignità di uomini e donne, di cittadini, esseri umani e lavoratori. Abbiamo smesso di discutere e interloquire tra di noi perchè ci autocensuriamo. Negli ultimi vent’anni abbiamo imparato ad avere paura di pestare i piedi al potente di turno. Il paese si sta tramutando, l’economia criminale ci sta stritolando. Nel mio piccolo mi ribello. Sono al mondo per cambiarlo. Voglio lasciare un bel segno positivo nella mia vita. Che cosa m’importa di avere mille lussi superflui? L’importante è vivere dignitosamente tutti quanti. E per riuscirci bisogna tornare a cantare di un universo di uguali. È un’esigenza che non possiamo più procrastinare all’infinito, è un problema di limiti dello sviluppo. L’attuale livello economico deve essere superato, non è più sostenibile. L’emergenza climatica non ci lascia più molto tempo per indugiare. È il momento giusto per ribellarsi.
Pierpaolo Capovilla (One Dimensional Man, Il Teatro degli Orrori)
di Matteo B. Bianchi
di Francesco Menichella
di John Vignola
Una volta abbiamo suonato a Mostar. Eravamo forse il secondo gruppo in assoluto che passava di là, dopo la guerra. Era il 2000. Avevano ricostruito il ponte. Solo quello. Ci aveva invitato il Collettivo Post Pessimista. Abbiamo chiesto, perché Post Pessimista? Ci hanno risposto: perché noi eravamo pessimisti. Ma poi è arrivata la guerra.
Massimo Pupillo (Zu)
Le major sono sparite, ormai totalmente fallimentari. Vorrei vedere dei bei fallimenti all’americana, gente che si butta dai grattacieli, magari dal palazzo della Warner di piazza Repubblica a Milano. O un autosbudellamento alla Mishima.
Enrico Gabrielli (Mariposa e Calibro 35)
Tying Tiffany non è solo un riferimento al bondage, a una sessualità giudicata non convenzionale, ma a tutto ciò che la società vuole fare a Tiffany. Legarla, reprimerla, farla tacere. Impersono quella che volete legare e sul palco vi faccio vedere come si fa.
Tying Tiffany
Decidiamo di indossare delle maschere, prima ci esibivamo riconoscibili in volto. Il pretesto ce lo offrono le prime richieste, qualche intervista per la televisione oppure per un videoclip. Non vogliamo entrare in quella dinamica. Il primo modello della maschera è in terracotta. Funziona. Troviamo un’azienda che le fabbrica per carnevale, accetta di produrle con il nostro disegno. Le indossiamo sempre e le distribuiamo ai nostri concerti. Tutti diventano ragazzi morti.
Enrico Molteni (Tre allegri ragazzi morti)
Ho cominciato a suonare senza cover, senza La canzone del sole, senza studiare la chitarra. Tardi, verso i diciott’anni. Appena ho imparato due accordi, ma in realtà anche quando non li avevo ancora imparati, ho iniziato subito a scrivere canzoni, completamente diverse da quelle che faccio adesso. Dei girini, erano.
Dente
Presi la decisione più avventata possibile: licenziarmi. Una cosa da pazzi, il mio capo era comprensivo, avevo un lavoro decente. Eppure sentivo che in questo modo non ci saremmo mai riusciti. Dovevo dedicarmi ai Baustelle al cento per cento, riuscire a rendere la musica la mia unica occupazione, solo così sarei riuscito a fare qualcosa di buono.
Francesco Bianconi (Baustelle)
1981. Ascolto di O Superman di Laurie Anderson. Ecco, attenzione alla ricetta: una donna + musica realizzata da sola + ricerca elettronica + utilizzo della voce sperimentale = amore a prima vista.
Meg
Lo spirito iniziale dei Ministri è facilmente riassumibile in uno dei nostri primi pezzi, Abituarsi alla fine: “Io sono nato da qualche mese, conto di vivere per qualche mese, c’è solo un modo per vedere oltre, pianificare la propria morte, ed è fare debiti”. L’ho scritto mentre stavo cominciando un mutuo, e mi aveva colpito che quello fosse il primo documento dove si parlasse del mio futuro. Prevedeva che fossi ancora vivo dopo vent’anni.
Federico Dragogna (Ministri)
Verso la fine degli anni ottanta, quando avevo circa vent’anni, avevo incominciato a rifiutare tutto ciò che era in qualche misura colto. Volevo l’ignoranza, mi dava un senso di libertà d’espressione, di scontro sociale.
Pierpaolo Capovilla (Il teatro degli orrori)
Ho fatto il primo concerto a trentasei anni, le prime prove l’anno precedente. Non so suonare, se non per qualche lezione di pianoforte che ricordo ancora come un incubo. Le aveva volute mio padre. Figlio di due mezzadri, aveva la quinta elementare, suo padre imparò a leggere e a scrivere nella sezione del partito comunista.
Max Collini (Offlaga Disco Pax)
Ho lavorato alle ultime canzoni tenendole in testa, ero in giro a fare i concerti, allo sbaraglio totale, duecento date, avevo una chitarra di scorta per l’albergo e dei fogli sparsi. Ero un cantiere aperto. Avevo questo rapporto intimo deflagrato e tutto quello che succedeva attorno. Una strana tensione sociale, indecifrabile.
Vasco Brondi (Le luci della centrale elettrica)
di Matteo Speroni
L’autore – Andrea Scarabelli è nato a Milano nel 1983. Suoi racconti, interviste e recensioni sono apparsi su “Rolling Stone”, “Pulp”, “il manifesto”, Gq.com, Carmilla, “Atti impuri”. Nel 2008 ha pubblicato la docufiction Beautiful (No Reply).
di Lucrezia Pallotta
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